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Consumo Sostenibile

Le risorse consumate dalla popolazione mondiale, a oggi, sono più di quelle che il nostro pianeta è in grado di fornire. Affinché lo sviluppo sociale ed economico possa avvenire in un quadro di sostenibilità, la nostra società dovrà modificare in modo radicale il proprio modo di produrre e consumare beni.

Nel programma ONU 2030, l’obiettivo 12 promuove l’attuazione di un modello di consumo e di produzione sostenibili. L’obiettivo è adottare un approccio rispettoso dell’ambiente, ridurre i prodotti chimici, ridurre notevolmente il volume dei rifiuti, ridurre drasticamente lo spreco alimentare, acquistare beni e servizi rifacendosi a criteri di sostenibilità. Noi cittadini consumatori possiamo e dobbiamo fare la nostra parte. Alcuni piccoli cambiamenti apportati alla nostra vita quotidiana possono incidere in maniera efficace.

Abbiamo meno di dieci anni per invertire la rotta, non compromettere in modo irreversibile i nostri ecosistemi e dare alle future generazioni un pianeta abitabile. Come? Ecco cinque passi per dare sostenibilità al nostro consumo quotidiano.

Come fare la nostra parte

Ridurre

Ridurre il nostro consumo in termini di rifiuti, emissioni, energia, beni alimentari, beni di consumo più in generale, è un punto di partenza fondamentale. Molti dei beni che consumiamo non fanno né la nostra felicità né tantomeno la nostra salute, molti non sono necessari. Spesso i nostri consumi sono veicolati da illusioni e false necessità. Considerato che sono i principali responsabili dello spreco immenso di risorse tuttora in atto, è bene rivedere le nostre abitudini.

 

La riduzione dei nostri consumi non può che partire da una presa di coscienza (ciascuno può fare qualcosa per ridurre i propri consumi) ed un successivo passaggio all’atto (agisco, riduco!). Ridurre, cosa e come?

  • Prodotti per la casa: sgrassatori, multiuso, prodotti per i pavimenti, per il vetro, per il marmo… Esistono prodotti naturali che valgono per due o tre, e permettono di ridurre la quantità di sostanze tossiche all’interno delle nostre case, dannose per la nostra salute e quella dell’ambiente, e anche la quantità dei relativi imballaggi.

  • Prodotti alimentari: la maggior parte delle emissioni di gas serra deriva da prodotti processati e dagli allevamenti. È indispensabile per la nostra salute e per quella dell’ambiente nutrirsi in modo sano riducendo il consumo di carni, rosse in particolare, là dove eccessivo, e di prodotti alimentari processati. Nel reparto alimentare prediligi frutta e verdura di stagione, che costano meno, sono più gustose e la cui produzione è meno energivora. Si pensi anche alla filiera corta (vendite dirette, produttori locali, associazioni per il mantenimento dell'agricoltura contadina) e ai cestini anti-spreco allestiti da alcuni commercianti.

  • Energia: eseguire la manutenzione degli impianti consente di consumare ed inquinare meno; scaldare la propria abitazione di massimo 19 gradi è sufficiente per garantire il comfort necessario, e risparmiare anche qualcosa; rispettare il tempo massimo di accensione degli impianti di riscaldamento, che per legge è di 14 ore giornaliere per gli impianti in zona E (nord e zone montane) e 8 ore della zona B (fasce costiere del Sud Italia); Schermare le finestre durante la notte e installare pannelli riflettenti tra muro e termosifone può contribuire a ridurre la dispersione del calore verso l’esterno.

  • Acqua: preferisco la doccia al bagno: fare la doccia piuttosto del bagno può dividere il fabbisogno idrico per 3 (60 litri contro quasi 200 litri); chiudere l'acqua mentre mi insapono mi fa risparmiare altri 20 litri; se posso scegliere, investo in una lavastoviglie che, quando è piena, consuma da 2 a 3 volte meno acqua che lavare i piatti a mano; se di buona qualità, scelgo l’acqua del rubinetto, fa bene alla mia salute, all’ambiente, andando a limitare il consumo della plastica, e al portafoglio.

  • Mezzi di trasporto inquinanti: l’incidenza sulle emissioni di CO2 è decisivo ed in costante aumento. Le alternative esistono, per ridurne l’utilizzo e, là dove possibile, abolirlo. I mezzi di trasporto sostenibili per eccellenza sono biciclette e monopattini, non inquinanti ed il cui utilizzo risulta benefico per la salute. Ma possono essere considerati tali anche i trasporti pubblici (treni, autobus, tram e metro), auto elettriche o ibride, così come le modalità di car pooling e car sharing.  

  • Digitale: non ha nulla di virtuale. Server, Wi-Fi, antenne, trasmettitori, router, ripetitori, cavi, satelliti o persino data center elaborarano, trasportarano e archiviano tutti i nostri dati. E soprattutto in un contesto di crescente digitalizzazione delle nostre società, l'impatto ambientale degli usi digitali si sta intensificando. Cosa poter fare per ridurre il nostro footprint?  Apparecchiature: fare una pausa dalle nostre attrezzature tra 2 utilizzi ad alta intensità energetica, per evitarne il surriscaldamento così come quello della batteria; optare per una ricarica alternata mantenando la batteria tra il 20% e l’80% o utilizzare la modalità “risparmio energetico”; non lasciare l’attrezzatura in carica inutilmente durante la notte; spegnere completamente i dispositivi durante la notte e durante il giorno quando non vengono più utilizzati, o usare una ciabatta con interruttore, molto pratica per “spegnere” più dispositivi ed evitare inutili consumi elettrici; assicurarsi che il caricatore non sia inserito “vuoto”. Video: ridurre lo streaming e privilegiare il download per ridurre la larghezza di banda, il consumo energetico di dispositivi e server e, ciliegina sulla torta, accedere ai contenuti anche in modalità offline; dare priorità all’audio rispetto al video in quanto un minuto di audio-conferenza ha un impatto ambientale inferiore del 60% rispetto a un minuto di videoconferenza, e ciò non impedisce di salutarsi in video all’inizio o alla fine dello scambio, che si tratti di una chiamata o di una lunga riunione. Smartphone: attivare la modalità “risparmio energetico”; ridurre al massimo la luminosità dello schermo; disattivare le opzioni di connettitività (Wifi, Bluetooth, 4G/5G) quando non le utilizziamo; conservare le app solo se necessarie; disattivare i download automatici (aggiornamenti, emails…); disattivare le notifiche e la geolocalizzazione delle app che consumano dati in permanenza. Archiviazione: disattivare la sincronizzazione automatica dei nostri contenuti ai servizi online; evitare la moltiplicazione delle posizioni di archiviazione, meglio scegliere un’unica piattaforma e privilegiare l’archiviazione sui nostri dispositivi senza sovraccaricarli; eseguire una pulizia regolare eliminando le foto perse, i film già visti, i file inutilizzati, ecc.; annullare l'iscrizione alle newsletter non lette.

 

Riutilizzare

Quello del riutilizzo è un mercato molto popolare in altri paesi d’Europa. In Italia, purtroppo, è ancora associato ai banchetti della Caritas o ai negozi vintage. Di cosa parliamo precisamente quando parliamo di riutilizzo? 

Abbigliamento: tonnellate di abiti ogni anno vengono gettate via per i motivi più disparati: acquisti di pancia, voglia di cambiare, necessità di fare spazio al nuovo. Fortunatamente l’eco-consapevolezza in questo ambito sta raggiungendo sempre più consumatori, che prediligono acquisti di qualità che possano durare nel tempo, ed il riutilizzo si fa in modi diversi. L'acquisto di capi di seconda mano, che siano essi vintage o meno permette di dare una seconda vita ai nostri indumenti ed è di certo un fenomeno da promuovere, dai negozi reali a quelli virtuali, passando per le app che fanno da tramite per le transazioni e le comunicazioni tra venditori e acquirenti. Gli abiti, ad esempio quelli mai indossati, potrebbero benissimo essere usati da un’altra persona, che li amerebbe e indosserebbe come noi potremmo non avere mai fatto, creando allo stesso tempo un commercio che non impiega ulteriori risorse in nuovi capi, quando il mondo ne è pieno.

Alimentazione: un minore spreco è possibile. Dopo l'uso, la questione del riutilizzo di ciò che è rimasto del prodotto è importante. Imparare a cucinare i propri avanzi, o parti degli alimenti che non siamo soliti consumare anche se perfettamente commestibili e deliziose, utilizzarli per coccolarsi senza lasciare una briciola, da grandi soddisfazioni. Abbiamo un'intera selezione di ricette anti-spreco con il nostro Chef Save the Food! Lo sapevi che dalle foglie di sedano si può ottenere un pesto squisito? Inoltre, i rifiuti organici (bucce, gusci d'uovo, pane, ecc.), completamente biodegradabili, possono essere utilizzati come compost.

Informatica: Manteniamo le nostre apparecchiature informatiche il più a lungo possibile privilegiando il riutilizzo, la riparazione ed il riciclo corretto, senza gettarle nella spazzatura ma attraverso i canali ufficiali (centri di raccolta rifiuti) oppure indirizzandoci verso negozi specializzati o siti web dedicati, ci sono sempre informatici desiderosi di recuperare del materiale per farne buon uso, anche acquistandolo.

Riciclare

Nell’immaginario collettivo il riciclo sembra essere la soluzione al problema dei rifiuti. In realtà dovrebbe essere considerato come un’ultima spiaggia e bisognerebbe concentrarsi sul ridurre e riutilizzare i beni di consumo. La maggior parte dei prodotti, infatti, non è realmente riciclabile. Spesso nel processo produttivo vengono assemblati materiali di diverso genere, rendendo il prodotto non differenziabile.

La cosa è difficile anche con materiali puri. Un unico tipo di plastica, quello delle bottigliette, viene effettivamente riciclato solo se di colore azzurrino o trasparente. In molti casi non è possibile garantire la stessa prestazione del materiale originale.

Per questo, la cosa migliore da fare è trovare alternative a tutto quello che andrebbe altrimenti a finire nella spazzatura. Un esempio può essere la carta da regalo, generalmente formata da un misto di plastica e carta, che andrebbe quindi nell’indifferenziata. Al suo posto si può tranquillamente usare la carta marrone dei pacchi, magari decorandola per renderla più carina.

Nel campo dell’abbigliamento, esistono 2 tipi di riciclo distinti: il recycling e l’upcycling. Il primo, riguarda i processi di riciclo vero e proprio dei materiali (tessili e non solo) che compongono i capi d'abbigliamento, come le diverse modalità per smaltirli, o ancora i vari stadi per portarli nuovamente alle prime tappe della produzione, per dare vita ad altri abiti da zero: diversi step in cui è fondamentale l'implicazione delle aziende nella ricerca tecnologica e nell'innovazione, per poter sfruttare al massimo (e in alcuni casi, all'infinito), i vecchi abiti in fonti materiche. L'upcycling invece, è quel processo che consiste nel prendere gli indumenti usati per creare nuovi capi o accessori senza distruggerli: è la creatività, in particolare modo, a farli «salire» (up) di livello e rappresentare qualcosa di unico e originale nel guardaroba personale. I vantaggi di entrambi sono tantissimi: nel recycling, i costi di produzione sono più bassi per quanto riguarda i materiali, permettendo alle aziende di risparmiare sulla fornitura e, potenzialmente, abbassare i prezzi anche al consumatore finale. Inoltre, in questo caso così come nell'upcycling, le discariche ricevono meno rifiuti, e l'impatto di questi ultimi sull'ambiente si riduce.

Acquisto Sostenibile

Un neologismo inglese, greenwashing, solitamente tradotto con ecologismo o ambientalismo di facciata, indica la strategia di comunicazione di certe imprese, organizzazioni o istituzioni politiche finalizzata a costruire un'immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell'impatto ambientale, allo scopo di distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dagli effetti negativi per l'ambiente dovuti alle proprie attività o ai propri prodotti.

 

I problemi del greenwashing sono fondamentalmente due: il primo, quello più evidente,  indurre gli utenti all’acquisto facendo leva su falsi presupposti di sostenibilità;  l’altro, più subdolo, una volta ingannato il consumatore tenderà sempre più a diffidare di qualsiasi messaggio di sostenibilità, anche quando veritiero.

Pertanto, è importante riconoscere i prodotti greenwashed prima di effettuare i nostri acquisti. Come, quali gli indizi? Scritte vaghe ed ammiccanti sulla confezione del prodotto (“consapevole”, “eco-friendly”, “sostenibile”); colori green accattivanti; loghi non ufficiali. Quando l’informazione fornita dall’azienda e vaga ed approssimativa o al contrario, quando viene utilizzato un linguaggio molto tecnico, al limite del comprensibile, con il supporto di immagini suggestive dalle 100 sfumature di verde, può essere il caso di preoccuparsi: molto probabilmente quell’azienda sta facendo greenwashing. È necessario leggere attentamente: ingredienti/composizione del prodotto; tappe del processo produttivo e distributivo (luogo/paese di produzione/coltivazione, luogo/paese di distribuzione); loghi e certificazioni ufficiali. Inoltre, è bene mantenere la mente aperta e critica, saper leggere gli atteggiamenti al di là delle parole e le etichette al di là della confezione.

  

Qui i loghi di alcune certificazioni ufficiali per i nostri prodotti green:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Compost 

Se diamo un’occhiata al bidone dell’indifferenziata, scopriamo che la maggior parte dei rifiuti che produciamo deriva da scarti alimentari: gusci d’uovo, bucce di frutta e verdura, croste di formaggio… Se lasciati a marcire in discarica contribuiscono all’aumento dei gas serra, soprattutto del metano.

Anche in questo caso il primo suggerimento sarebbe quello di cercare di ridurre, utilizzando in modo alternativo gli scarti. Per il prossimo Natale si potrebbero creare delle decorazioni bellissime e profumate dalle bucce d’arancia. Quelle delle patate, invece, si possono friggere per ottenere delle ottime chips.

Quando questo non è possibile, l’ideale è “compostare”: creare un ambiente adatto alla proliferazione di micro e macrorganismi che degradano le sostanze, trasformandole in un terriccio ricco di nutrienti per il terreno. Questo processo è più facile per chi ha un orto o un giardino, dato che le compostiere sono piuttosto grandi e ingombranti. Chi vive in appartamento o chi non ha tempo può però organizzarsi, magari portando gli scarti al suo fruttivendolo di fiducia o ad una delle stazioni di compostaggio che stanno pian piano nascendo.

Alcuni comuni in Regione, come ad esempio quelli di Ozzano dell’Emilia e Valsamoggia, incentivano il compostaggio fornendo gratuitamente ai cittadini il bidone del compost e garantendo una riduzione sulla tassa sui rifiuti. Informiamoci presso i nostri comuni per conoscere meglio le politiche attive sul nostro territorio, nel peggiore dei casi avremo messo una pulce nell’orecchio a chi di dovere!

Per ricevere informazioni o supporto per l’attivazione o l’utilizzo della CIE, è possibile contattare gli Info Point dedicati di CODICI Emilia-Romagna.

 

BELLARIA IGEA MARINA (RN)

Piazza del Popolo 1

Tel. 0541.1794204

Lun. 14:00-17:00 e Mar. 09:00-12:00

 

SAVIGNANO SUL RUBICONE (FC)

Corso Perticari

(Casa delle Associazioni Villa Perticari)

Tel. 0541.1798472

Lun. e Mer. 9:00-12:00

 

FANANO (MO)

Piazza Marconi 1

Tel. 0536.1942839

Mar. 08:00-14:00 - Mer. e Gio. 13:00-19:00

 

 

 

 

 

 

Realizzato nell'ambito del progetto "Scegli consapevole" finanziato dalla Regione Emilia-Romagna

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Si trova su detergenti, cosmetici, tessili ed imballaggi e identifica prodotti con ridotto impatto ambientale lungo tutto il ciclo di vita

Si trova su apparecchiature elettriche, informatiche e di illuminazione per attestarne il basso consumo

Si trova su prodotti che sono stati certificati come bio (provenienti da agricoltura biologica) da un organismo di controllo autorizzato

Si trova su prodotti della pesca che garantiscono il rispetto della popolazione ittica e dell’ecosistema marino

Si trova su prodotti tessili che garantiscono sicurezza chimica e un ridotto impatto ambientale nella produzione tessile e del cuoio

Il celebre Ciclo di Mobius, che garantisce la riciclabilità del prodotto su cui è apposto

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